La Minestrella di Gallicano, dalla raccolta degli erbi alla tavola.

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Produttori, Ristoratori

La cuoca, la più anziana del paese ci racconta con modestia che ora sono in molti a cucinarla, ma fino a qualche tempo fa, era lei una delle ultime cuoche di minestrella, fiduciaria della tradizionale ricetta. Suo figlio raccoglie le erbe, lei le pulisce e le cucina.
La minestrella è una minestra tradizionale, preparata con prodotti spontanei della terra, erbi e fiori, che la natura ci offre. Sempre più neo raccoglitori si stanno interessando alla riscoperta di questi prodotti, che per secoli hanno rappresentato una delle principali fonti di sostentamento per gli abitanti delle montagne. Ma bisogna stare attenti, ci sono delle regole da osservare, e molte cose da conoscere.

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E’ iniziata proprio così la giornata della minestrella di Gallicano, organizzata dal Buffardello Team: una lezione nel centro del paese, per conoscere e scoprire questo piatto e l’arte del raccogliere. Grazie al professor Ivo Poli i partecipanti hanno imparato a conoscere gli erbi buoni, riconoscerli da quelli velenosi, e hanno potuto toccarli con mano grazie alla presenza di circa trenta erbe spontanee piantate in piccoli vasi per l’occasione.

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Dalla teoria alla pratica, i partecipanti, seguendo il sentiero che sale su dall’eremo di Calomini, hanno potuto raccogliere gli erbi, riconoscendoli nell’ambiente naturale. Vista, olfatto, tatto, sono i protagonisti della ricerca, ricordando di prestare sempre attenzione alle piante simili. è una vera e propria caccia al tesoro, nell’attesa del prodotto finale, della degustazione del piatto protagonista, preparato proprio con quegli erbi.

E all’antica trattoria dell’Eremita, i raccoglitori si sono seduti a tavola e hanno gustato i prodotti tipici della zona che hanno accompagnato l’acclamata minestrella. Biroldo, trota salmonata, focacce leve, prosciutto bazzone, salsiccia e fagioli, e poi la Minestrella: Fagioli giallorini ed erbe. Sono moltissime quelle utilizzate per la sua preparazione, in genere se ne usano circa una trentina, ma si può arrivare anche a cinquanta. E di fianco al piatto, a destra e a sinistra, spuntano dalla minestra due mignacci, focaccette senza lievito, preparate nei testi (qui chiamati “cotte”) con l’uso esclusivo della farina di grano, l’ottofile, chiaramente.

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Vi raccontiamo la storia delle origini della Minestrella, che risale a tanti anni fa, e da allora la sua preparazione è rimasta invariata…

C’era una volta, nel nostro paese piccolo di campagna, tanta miseria, perché i lavori non esistevano e chi lo voleva doveva espatriare per guadagnare qualche lira, e la maggioranza della popolazione faceva i contadini e viveva con quello che la terra gli dava. Ed allora le massaie tante volte dovevano inventare qualche cosa per variare quel misero pasto del giorno che quasi sempre era polenta con salacchini. Un giorno di primavera una massaia stanca di sentire dire” anche oggi…”. pensò di inventare qualche cosa di diverso. Prese un paniere un coltellino, andò verso i prati che incominciavano a inverdire, e china china guardava sceglieva e svelgeva delle erbette che le guardava, le odorava, e diceva “questo è un piscialletto, questo è un papavero, una lingua di vacca, ecco un cicerbita, ecco una sporta vecchia, un ingrassaporci” e via via dava a tutte queste nomi che lei coglieva e le metteva nel canestro. Quando ebbe fatto assai di questo misto d’erbe se ne tornò a casa, le mise a mollo nell’acqua per toglierle la terra, le lavò per bene e poi anche lei non convinta disse “domani si vedrà”. La mattina di buon ora mette al fuoco la pentola con i fagioli giallorini, qualche spicchio d’aglio, un po’ di salvia e lascia che tutto cuocia a fuoco lento. Quando i fagioli furono cotti li colò nel colino ed una parte li strizzò bene con le mani (il passatutto allora non esisteva) poi mise nel brodo quelli che restavano e rimise tutto sul fuoco per far bollire ancora. Poi prese un bei pezzo di lardo e fece un bello sfritto che poi mise nella pentola e quando incominciò a bollire mise anche tutta quell’erba che aveva già cotto prima, e con la mezzaluna l’aveva trinciata fina fina, e così tutto incominciò a bollire piano piano .La massaia era un po’ pessimista pensava : “cosa verrà fuori?”. L’odor era buono, odorava ed assaggiava… un po’ di sale, un po’ di pepe. Però gli venne un dubbio: “se io ci facessi delle focaccette di farina di granturco? Così se non va mangiano quelle”. E così fece. Venne l’ora di mangiare, gli uomini vennero a casa trovarono le scodelle piene di questa cosa verde “oddio che hai fatto stamani?” chiesero ,e la massaia imbarazzata, disse a voce alta: ” la minestrella ” e da quel giorno minestrella fu, e tutti mangiarono con appetito e curiosità questa minestrella fatta di nulla con le sue focaccette, ed ancora è rimasto il piatto tipico del mio paese, ma un piatto che tutti chiedono e vorrebbero mangiare, piatto povero fatto di nulla che però ha il sapore della terra, della nostra terra che noi l’amiamo perché i nostri vecchi ci hanno insegnato a amarla e rispettarla e questa è la storia della ricercata minestrella con le sue focaccette di granturco.
Stete. Gallicano 26 maggio 1995
Questa storia è raccontata sulla pagina web del Buffardello Team.

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